“Nobile, rischiosa e aristocratica l'arte del fuoco, progetto che si distrugge nel momento spettacolare di mostrarsi nella ricchezza oracolare delle sue meravigliose articolazioni di colori, ritmi, disegni, prospettive miracolose, rappresenta il mistero della creazione, il grandioso e l'effimero, l'eterno e il mutevole in tutto il suo spietato lirismo iconoclasta. Resta comunque l'arte più ammirata e la meno conosciuta. Tutte le arti si sono costruite un mondo, teorie, regole, storia. I fuochi marciano nel tempo del silenzio.”

mercoledì 3 aprile 2013

Pillole di storia (1)



Quasi tutti gli studiosi sostengono che uno dei primi utilizzi della polvere pirica a fini
spettacolari si ha nelle Sacre Rappresentazioni. Lo scopo di questi spettacoli era di
commentare e di illustrare al popolo il significato di eventi sacri e motivazioni
teologiche così da avere dal teatro elementi di meditazione ed edificazione spirituale.
Spesso nella struttura del dramma sacro si prevedeva l'allestimento di una zona che
simulasse l'inferno, e proprio nella sua realizzazione scenografi e macchinisti si
sbizzarrivano nell'uso di sostanze pirotecniche per creare effetti davvero speciali:
fiamme, forti bagliori, fumi, saette e tuoni. Nel 1379 a Vicenza in occasione dell'Ascensione viene messo in
scena il volo della colomba: un fuoco sulla corda che

dalla torre del Palazzo vescovile vola verso l'effigie di Maria e degli apostoli
celebrando la riconciliazione tra Scaligeri e Visconti.
Furono gli artificieri militari che utilizzavano la polvere nera per solennizzare le feste
e le ricorrenze civili e religiose ma solo più tardi i fuochi di artificio si arricchirono di
uno strumento essenziale per la creazione di tutta la pirotecnica moderna: il razzo.
Importato in Europa dalla Cina era costituito da un cilindro di cartone, chiuso
anteriormente da un cono con punta metallica e da un ugello nella parte posteriore. Il
cilindro era legato ad un'asta di legno sottile che gli permetteva di mantenere una
direzione costante mentre il propellente era composto, ovviamente, da polvere pirica.
Ma questi razzi non raggiungevano grandi altezze, resi pesanti dalla cartapesta e dal
legno utilizzati per raffigurare animali o personaggi grotteschi, e non possedevano
molta autonomia.
Draghi volanti, macchine da festa, barche sono testimonianze che provengono
dall'uso bellico della pirotecnica. E’ interessante un manoscritto del 1420
dell'ingegnere italiano Giovanni de Fontana conservato nella Biblioteca Nazionale di
Monaco opera, dove sono descritti apparecchi da guerra di ogni forma e
destinazione, tra questi c’è una "lanterna magica" che teoricamente avrebbe dovuto
proiettare terribili demoni tali da costringere i nemici alla fuga. Altro disegno
rappresenta un congegno semovente, anch'esso destinato a terrorizzare i possibili
invasori, raffigura una strega con ali da pipistrello dove due razzi, disposti
lateralmente alla testa, avrebbero creato un movimento oscillatorio, mentre un
complicato sistema di funi tiranti comandate a mano determinava un movimento
sincrono delle braccia, ali, coda e corna. Per aumentare l'aspetto "agghiacciante" del
personaggio una candela accesa trovava posto all'interno volutamente cavo. Gli
studiosi vogliono vedere in questa idea due importanti novità: “l'utilizzo della
propulsione del razzo come energia cinetica e l'elemento scultoreo, ambedue sfruttati
nelle meravigliose macchine pirotecniche rinascimentali”.
Le prime fabbriche di fuochi pirotecnici a scopo di spettacolo sorsero in Germania
tra il 1340 e il 1348 ad Augsburg, Spandau e a Liegnits.
Un buon numero di manoscritti di Norimberga compilati intorno alla metà del
seicento, registrano una manifestazione di fuochi pirotecnici rudimentali chiamati
Schembart, negli ultimi tre giorni di carnevale di questa festa si hanno notizie fin dal
1449.
Dalla semplice struttura a forma di ruota che scoppiando girava velocemente creando
cerchi di fuoco a vere e proprie macchine sceniche che per la loro costruzione
venivano chiamati architetti di grido di quel tempo. In tutte le grandi città italiane lo
spettacolo del fuoco si diffondeva e attirava l'attenzione degli organizzatori, degli
appassionati e degli artisti.
Originariamente il termine pirotecnica aveva il significato più generale di “tecnica di
lavorazione mediante il fuoco” e in questa accezione lo usò il senese Vannoccio
Biringuccio, alchimista-chimico vissuto tra il 1480 e il 1539,43 il quale, nel trattato De
la pirotechnia libri X (1540), si occupava di quelle che oggi si chiamano metallurgia e
chimica industriale. Fra gli argomenti erano infatti l'estrazione e la fusione dei metalli,
la fabbricazione del vetro, la preparazione di miscele esplosive. In particolare,
essendo allora in uso che gli artificieri (cioè gli addetti alla preparazione delle cariche
di lancio delle artiglierie) si occupassero anche della confezione degli “artifici”
luminosi che movimentavano i festeggiamenti delle battaglie vittoriose, Biringuccio descrive
minuziosamente il modo di fabbricare tali artifici, a complemento della
descrizione dei modi di fabbricare le polveri da sparo e le bocche da fuoco. La sua
intitolazione non deve ingannare o portare a ritenere che parli solo di fuochi
d'artificio. Infatti, Biringuccio, solo nel decimo ed ultimo libro parla di pirotecnica in
senso stretto, ed in particolare della fabbricazione del salnitro e della polvere da
sparo, di esplosivi, di girandole e fuochi artificiali.
Nel corso di tutto il cinquecento il libro "De Pirotechnia" del senese Vannoccio
Biringuccio fu oggetto di varie riedizioni e di traduzioni in francese, inglese,
spagnolo.
Un altro importante trattato venne pubblicato a Norimberga, città nella quale l'arte
pirotecnica primeggiava, da un certo Schmidlap nel 1591.

Fonte: Gabriele Tradio

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