“Nobile, rischiosa e aristocratica l'arte del fuoco, progetto che si distrugge nel momento spettacolare di mostrarsi nella ricchezza oracolare delle sue meravigliose articolazioni di colori, ritmi, disegni, prospettive miracolose, rappresenta il mistero della creazione, il grandioso e l'effimero, l'eterno e il mutevole in tutto il suo spietato lirismo iconoclasta. Resta comunque l'arte più ammirata e la meno conosciuta. Tutte le arti si sono costruite un mondo, teorie, regole, storia. I fuochi marciano nel tempo del silenzio.”

martedì 5 febbraio 2013

Fuochi di gioia, fuochi di allegrezza. La storia italiana.





L'arte della pirotecnica è sicuramente molto ammirata, ma la sua storia è altrettanto poco conosciuta. Tutte le altre arti si basano su teorie, osservano delle regole ed hanno una storia ben definita. I fuochi d'artificio avanzano nel tempo in silenzio, quasi senza storia, conosciuti solo dagli estimatori e dagli sparatori, i cui segreti, teorie, regole e mestiere sono conservati con riserbo all'interno delle singole fabbriche.

La scoperta della polvere da sparo, o polvere pirica, che nel corso dei secoli ha dato vita alla pirotecnica, è riconducibile ai Cinesi, come testimoniano alcuni manoscritti di alchimisti, databili intorno all'Vlll-IX sec. d.C., per quanto le prime composizioni incendiarie nelle quali era presente lo zolfo, erano già note agli Assiri ed agli Egiziani.
La sua iniziale diffusione fu molto contenuta e limitata, prevalentemente, a scopi militari, sotto forma di razzi
incendiari da scagliare contro gli eserciti avversari.

Il monaco e filosofo inglese Ruggero Bacone, nel 1268, fu il primo a dare la formulazione della composizione della polvere nera.


La miscela della polvere era costituita da: 7 parti di salnitro (40%); 5 parti di carbone di legna (30%); 5 parti di zolfo (30%), formula questa, ancora oggi, rimasta inalterata negli elementi di composizione, seppur diversa nei dosaggi.

Un altro monaco tedesco, Berthold Schwartz, soprannominato "l'artista nero", solo più tardi, nel 1353, verificò durante alcune sue sperimentazioni il maggiore sviluppo energetico della miscela baconiana, se compressa in pareti chiuse. L'apporto e le esperienze dei monaci sopracitati furono di riferimento per un gran numero di studiosi e scienziati , tanto che l'Europa da quel momento detenne il primato ed il monopolio della pirotecnica.


Successivamente, gli usi della rivoluzionaria composizione furono introdotti anche in campo civile e sociale, dando vita ai cosiddetti "fuochi di gioia o fuochi di allegrezza", antesignani di quelli che oggi chiamiamo, comunemente, fuochi artificiali.



In Italia, le prime notizie della polvere per usi sociali risalgono al periodo tardo medievale, con le "Sacre Rappresentazioni", genere teatrale a sfondo religioso, diffuso in particolare in Toscana, le cui scenografie comprendevano effetti speciali che simulavano incendi,scoppi, bagliori, lampi e tuoni. Da allora, le guarniture pirotecniche divennero parte integrante di tutte le principali rappresentazioni scenografiche allestite quali: episodi e scene di vita di personaggi in vista; celebrazioni di matrimoni e nascite; rappresentazioni teatrali popolari, in particolare, il filone della "Commedia dell'Arte".


La ricerca e la sperimentazione tecnica fu rivolta, tuttavia, ad ottenere delle miscele in grado di assicurare delle gittate maggiori e più efficaci, poiché, negli ambienti esterni, il razzo costituiva il manufatto attraverso cui realizzare giochi pirici, che spesso, risultava appesantito dai materiali occorrenti per l'effetto scenico.



L'interesse per la pirotecnia fu accompagnato,altresì, da una significativa proliferazione di testi e scritti che funsero da veicolo e trasmissione delle varie esperienze maturate. La Pirotechnia di Vanoccio Biringuccio, nato a Siena nel 1480 e morto a Roma nel 1537, è il primo trattato che si occupa di tecnica pirotecnica per le attività minerarie, la metallurgia e la chimica applicata. Fu pubblicato a Venezia nel 1540, dopo la morte del Biringuccio, e nel corso di tutto il cinquecento fu oggetto di varie riedizioni e di traduzioni in francese, inglese, spagnolo.
Il trattato è costituito da dieci libri e la sua intitolazione non deve ingannare o portare a ritenere che parli solo di fuochi d'artificio.
Infatti, Biringuccio, solo nel decimo ed ultimo libro parla di pirotecnica in senso stretto, ed in particolare della fabbricazione del salnitro e della polvere da sparo, di esplosivi, di girandole e fuochi artificiali.


Un altro importante trattato venne pubblicato a Norimberga, città nella quale l'arte pirotecnica primeggiava, da un certo Schmidlap nel 1591. Seguirono altri compendi quali: il trattato dei fuochi di Hanzelet; gli scritti di Ozanam; di Perinet D'Orval; del Padre D'Hincarville; del bolognese Giuseppe Antonio Alberti (1749); di Claudio Fortunato 1819); di Di Maio F. (pirotecnica moderna – 1891); di Domenico Antonj (trattato teorico pratico di pirotecnia civile-1893); di Arduino Burello (la pirotecnica dei dilettanti- 1900); del colonnello Attilio Izzo (pirotecnica e fuochi artificiali – 1926); T. De Francesco (fuochi artificiali – 1960).
Di più recente pubblicazione sono i testi di: Paolo Macchi ( fuochi pirotecnici ed artifici da segnalazione); Francesco Nicassio (fuochi pirotecnici, l'arte e i segreti - ed.1999); Agatino Cinardi (fuochi pirotecnici ed esplosivi da mina - ed.2006); Paolo Maria Urso (Guida Pirotecnica, In giro per l'Italia tra fuochi e spettacoli pirotecnici ed. 2006).


L'epoca rinascimentale e barocca rappresentò anche per la pirotecnica, oltre che nel campo culturale ed artistico, un periodo di grande fermento ed interesse, tanto da poter parlare di "arte pirotecnica" quale attività di realizzazione di fuochi e giochi d'artificio.
Matrimoni di personaggi celebri; arrivi nobiliari; feste religiose in onore dei Santi; nomine papali e cardinalizie prevedevano l'accensione di "macchine pirotecniche", quali strumenti di propaganda e rappresentazione formale dello stile e del gusto dell'epoca , cui si servivano i committenti per l'ammirazione e lo sbalordimento degli spettatori.



Firenze, culla del rinascimento italiano,divenne la capostipite dell'attività pirotecnica in Italia, seguita più tardi da Roma e Bologna, città nelle quali si costituirono delle vere e proprie scuole che diedero denominazione alla "batteria alla romana" ed alla "batteria alla bolognese", tipologie queste che divennero di riferimento anche per altre realtà.
Firenze, diede avvio alla consolidata e plurisecolare tradizione pirotecnica italiana, con i festeggiamenti per la conquista del Santo Sepolcro durante la prima crociata.
La tradizione voleva che il Sabato Santo si distribuisse il "fuoco santo" alla popolazione, trasportando per le vie della città su un tripode trainato, un cero, la cui fiamma era generata dalle scintille prodotte dallo sfregamento delle schegge di pietra. Sulla sommità del carro, dapprima trovò collocazione una persona alta, goffa, malvestita,che durante il tragitto elargiva piccoli doni ai cittadini, denominata dai fiorentini il "brindellone".
All'arrivo del carro nella piazza del battistero di San Giovanni, dopo aver allontanato i buoi di traino dal carro, si dava inizio alle accensioni delle guarnizioni piriche tramite la "colombina", un piccolo razzo a forma di colomba. Col tempo l'esigenza di avere una struttura più capiente e resistente alle forti deflagrazioni e scoppi, portò alla realizzazione di un nuovo carro, ancora oggi utilizzato, che ha originato la denominazione della manifestazione "scoppio del carro", la cui accensione, se ben riuscita, era ed è tuttora considerata dalla popolazione fiorentina di buon auspicio per tutto il corso dell'anno.


Roma fu contrassegnata da una significativa attività nei "fuochi di gioia e di allegrezza", che trovò nel periodo barocco la massima espressione. Tutto ciò in considerazione delle numerosissime occasioni celebrative che si svolgevano, tanto sul versante civile, quanto su quello religioso, quale sede papale. La diffusione delle macchine pirotecniche prese avvio con le feste della "chinea", occasione nella quale i regnanti spagnoli e napoletani consegnavano al Papa, nella basilica di san Pietro, il tributo per il regno di Napoli.
Le macchine, concepite per essere distrutte, dovevano durare diverse ore ed, allo stesso tempo, prevedere alcune trasformazioni riconducibili alla realtà, al fine di suggestionare ed illudere gli spettatori. L'importanza e la solennità della manifestazioni richiedevano una cura particolare, tanto che i progetti delle macchine, venivano affidati alla realizzazione degli artisti più in vista, tra cui: Pietro da Cortona; Carlo Rainaldi, ed il Bernini.
La proliferazione dell'attività pirotecnica, in Roma, per la sua specificità diede vita alla tipologia dei "fuochi alla romana" con l'introduzione delle candele romane, involucri riempiti di polvere di lancio e stelle, in grado di lanciare una serie di getti luminosi, simili alle girandole.
Sempre a Roma nell'ottocento furono introdotti i "fochetti", che venivano accompagnati da esecuzioni musicali, prefigurando quella che poi diventerà l'esecuzione di spettacoli piromusicali.


Anche a Bologna i "fuochi di gioia" risalgono al periodo rinascimentale. Molto significativa fu l'influenza dell'architetto modenese Gaspare Vigarani (1586-1663) e del figlio Carlo (1625-1713) che, successivamente,si trasferirono in Francia al servizio del re Luigi XIV presso Versailles.
Un notevole contributo fu dato dai quattro fratelli Ruggieri, anch'essi trasferiti in Francia alla corte di Luigi XV. Gaetano, il maggiore dei fratelli, nacque a Bologna nel 1699, seguito da Pietro, da Antonio e da Petronio che all'epoca del trasferimento in Francia aveva 15 anni.
Le novità apportate dai geniali fratelli bolognesi alla pirotecnica furono diverse, dando vita al "gioco alla Bolognese", denominazione e tipologia che prevedeva: l'introduzione di scenari trasparenti colorati; l'utilizzo della chimica per ottenere razzi colorati; l'accensione in sequenza dei pezzi pirici mediante collegamenti che non necessitavano di essere accesi singolarmente; i passaggi di fuoco da un pezzo in giro ad uno fermo; le colonne giranti e l'adattamento dei fuochi ai palloni aerostatici.


Anche con l'avvento dell'impero napoleonico, la famiglia Ruggieri continuò a svolgere la prestigiosa attività pirotecnica alla cui guida si avvicendarono i figli di Petronio, Michele e Claudio Fortunato. Quest'ultimo fu autore di una pubblicazione "Elementi di Pirotecnica" edita nel 1802.
Memorabili furono i fuochi allestiti dai Ruggieri, per l'arrivo di Napoleone, nel 1805, che resero splendente Bologna. L'abilità dei fratelli, in particolare di Michele, fu talmente apprezzata, da essere ritenuto il primo pirotecnico d'Europa.
La tradizione pirotecnica della famiglia Ruggieri si consolidò ed è stata tramandata, tanto da essere ancora attiva.
Un'altro personaggio, trasferitosi a Bologna con il padre, che si occupò di pirotecnica fu l'ingegnere Giuseppe Antonio Alberti (17151768). Scrisse il "Trattato di fuochi d'artificio" pubblicato a Venezia nel 1749, nel quale parla della grande tradizione pirotecnica della sua città.
Bologna diede vita ,altresì, all'associazionismo, in quanto nel 1731, si costituì la prima associazione di artificieri, denominata "Pia Unione Santa Barbara".


Successivamente, nel 1863, ebbe avvio sulle ceneri della Pia Unione, la "Società Pirotecnica italiana" che per statuto si impegnava alla presentazione di uno spettacolo pubblico di fochi d'artificio, che si teneva regolarmente l'8 di agosto, in occasione della cacciata degli Austriaci avvenuta nello stesso giorno dell'anno 1848.

La società, inoltre, faceva celebrare ogni anno, il 4 Dicembre, una messa alla Patrona delle arti dei fuochi "Santa Barbara", nell'altare in suo onore posto nella Basilica di San Petronio.
Le difficoltà economiche portarono allo scioglimento della società nel 1889.
Le scoperte nel settore chimico apportarono e spianarono la strada a nuove applicazioni pratiche, in particolare, per la colorazione dei fuochi che ampliarono le varianti degli effetti luminosi, abbellendo le scenografie sino ad allora realizzate. Anche l'introduzione del colore in pirotecnia non ha una paternità certa, in quanto frutto delle numerose sperimentazioni ed applicazioni effettuate dai diversi operatori del settore, favorite dal forte interesse che assume la scienza chimica in tutto l'ottocento. Al riguardo, molto importante fu la sperimentazione chimica di Lavoisier, di Claude Louis Berthollet che studiò gli effetti del clorato di potassio, denominato anche "sale del Berthollet". La ricerca si sviluppò e perfezionò con la scoperta della nitroglicerina, ad opera di Ascanio Sobriero nel 1847 e, più tardi, con la dinamite (nitroglicerina e farina fossile) scoperta da Alfred Nobel nel 1866 che non trovò grande applicazione nel settore pirotecnico, per la sua ridotta manipolazione, la eccessiva deflagrazione, l'inutilità per le colorazioni, elementi questi che condizionavano e limitavano l'attività degli addetti ai lavori.


Attualmente l'apprezzamento e la diffusione dell'arte pirotecnica è assai ampia: giochi olimpici; campionati mondiali nelle discipline sportive; eventi speciali, sono contrassegnati da spettacolari esibizioni pirotecniche che aprono e concludono le stesse manifestazioni. Tuttavia, i nuovi gusti e la proposizione di effetti sempre più suggestivi, richiedono scenografie concepite per realizzare campi visivi molto ricchi e vasti, tali da essere visti e goduti da platee di spettatori disseminati in contesti ampi. Tutto ciò, se da un lato ha favorito e dato maggiore risalto ai fuochi d'artificio (fuochi d'aria), quale momento di socializzazione e partecipazione sociale, ha finito per soppiantare gli allestimenti di piazza, caratteristici e tipizzanti i fuochi in uso fino al '900 (fuochi minori e batterie). Ma, ad onore del vero, le ragioni vanno ricercate anche nelle mutate esigenze sociali, tese a soddisfare migliori condizioni di sicurezza e ad una maggiore sensibilità verso i luoghi urbani di interesse storico e monumentale.
Recentemente, una ripresa ed un nuovo interesse per i fuochi minori viene favorito dall'affermarsi dello "spettacolo piromusicale". ll mettere insieme due espressioni artistiche che si integrano pienamente tra loro, dà luogo ad indescrivibili e piacevoli momenti di intrattenimento, ovviando, in qualche misura, alla mancanza di una componente fondamentale, quella del contesto architettonico, capace di offrire, arricchire, stimolare le suggestioni ed emozioni che la magia dell'arte del fuoco provoca.


La nuova tendenza artistica verso cui si dirige la pirotecnica è stata favorita dai notevoli progressi nel campo dell'elettronica e dell'informatica, in grado di offrire applicazioni che si prestano a realizzazioni varie ed articolate, che la sola manualità degli operatori non potrebbe assicurare.
Mi riferisco, in particolare, alla accensione tramite inneschi elettronici che ha migliorato: la precisione dei tempi, la possibilità di effettuare lanci simultanei di batterie da più postazioni, la facilità di guarnire grandi strutture e singoli elementi e, non ultimo, il miglioramento delle condizioni di sicurezza degli operatori, in grado di gestire lo spettacolo da postazione sufficientemente adeguata rispetto ai manufatti, diminuendo i rischi in caso di incidente.
Anche nell'intero comparto pirotecnico la tecnologia meccanica e l'elettronica hanno trovato applicazione, migliorando e snellendo alcune fasi dei processi produttivi, specie nella preparazione delle materie prime e di alcune miscelazioni che, grazie a questi ausili, non abbisognano necessariamente della manipolazione operata dall'addetto. Tutto ciò, però, non riduce l'opera e l'attività del pirotecnico chiamato alla cura delle diverse fasi di costruzione di un manufatto pirico, dalla composizione delle miscele, dal confezionamento, dall'allestimento, per finire all'esecuzione, operazioni queste che vedono "il pirotecnico", quale unico e vero artefice dell'arte pirotecnica.



Fonte:
Guida Pirotecnica
In giro per l'Italia tra fuochi e spettacoli pirotecnici
UPM Editore (Ceglie Messapica 2007)
 

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